Un assassino dalla parte dei buoni.

Pochi indizi per il commissario Ardigò, troppe morti sospette e una sola certezza: l’assassino è a conoscenza del losco passato di chi, per mano sua, trova la morte.
Una sola cosa, infatti, accomuna i morti: sono uomini, sono stati tutti – o quasi – condannati per pedopornografia o pedofilia, sono per la maggior parte stati sgozzati da un mancino.
Tranne uno, un sacerdote trovato impiccato in casa sua ma… come fa lo sgabello a essere a due metri di distanza, in ordine, e non sotto i suoi piedi penzolanti?
Perché quel sacchetto con all’interno trenta monete e quel biglietto che richiama il Vangelo apocrifo di Giuda?
Nel nome di Giuda, figlio tuo.
Ardigò sente che c’è qualcosa che non va, che quel prete non si è suicidato come la curia vuole far credere a tutti.
Non capisce però se, e come, quel fatto è legato alla morte degli altri, eppure…
Eppure anche Don Rusconi aveva a che fare con la pedofilia, dalla parte buona, se così si può dire: era il tesoriere della curia, incaricato di aiutare, dando loro anche del denaro, le famiglie dei bambini caduti nelle mani dei pedofili.
Chi è l’omicida che si firma come Giuda? Perché, poi?
Le domande scottanti di Ardigò, a persone importanti e meno importanti, sembrano portarlo fuori strada. Chi sa non parla per quello che è, purtroppo, il segreto professionale, nonostante le sbarre attorno a lui.
Chi parla lo fa ma in modo confuso, per preservare la famiglia da malelingue, chiacchiericci e falsità, mettendo in pericolo altra gente ignara di avere gli occhi puntati addosso.
Ma il poliziotto vuole capire chi è quel Giuda che mette fine alla vita solo dei cattivi, mettendo in pericolo se stesso quando capisce che deve guadarsi le spalle da un uomo che, per il vestito che indossa, dovrebbe essere giusto… non un assassino.
da Il codice di Giuda di Fabrizio Carcano